giovedì, maggio 12, 2011

You Give Love a Bad Name

Dopo un giro in bici da corsa e conseguente e necessaria doccia ero intento ad asciugarmi i capelli ascoltando una popolare emittente "rock" attraverso il mio ultratecnologico sound -system da bagno (vecchia radio, lungo cavo e altoparlante da PC impermeabilizzato con sacchetti di plastica e nastro isolante, direttamente nella cabina doccia) e per l'ennemillesima volta la suddetta stazione radio trasmette "You Give Love a Bad Name" dei Bon Jovi; l'ho sentita e risentita negli ultimi venticinque anni, ma per la prima volta mi sono reso conto che è in assoluto la prima canzone di hard rock che abbia mai incontrato in vita mia, anzi forse la prima canzone rock in assoluto. Nell 86 non ero ancora un ragazzino, conservatore come tutti i bambini temevo i "metallari", anche perché i "ragazzi" non erano più, mi si conceda una citazione abusata, quelli che mangiavano le mele, ma quelli che non "vespavano" più e si facevano le pere (e per pagarsele ti fottevano la bicicletta), l'eco delle pistolettate fra fazioni politiche rimbombava ancora in alcune vie del centro, le scritte sui muri invece di inneggiare a pregevoli parti anatomiche femminili promettevano vendette e roghi, insomma, a torto o a ragione, noi bimbi di Monza eravamo abbastanza diffidenti riguardo le manifestazioni di giovanilismo e ribellione; ma le copertine degli Iron Maiden esposte nelle vetrine dei negozi di dischi mi repellevano e mi attraevano allo stesso tempo, e quando vidi per la prima volta il video di "You give love" su Videomusic (a qualcuno scapperà una lacrimuccia) ovviamente mi premurai di manifestare tutto il mio disappunto per qui cappelloni che fanno casino e non musica, ma mi rimase il ritornello ossessivamente in testa, e pochi giorni dopo, nell'intimità' della mia cameretta, sognavo di essere uno di quei selvaggi urlatori su quell'enorme palco, in particolare quello che brandiva una chitarra elettrica , e nel sognare mi dedicavo a interminabili sessioni di air-guitar, che allora si chiamava semplicemente "fare i bigoli".



A posteriori posso trarre le seguenti conclusioni: il pezzo è davvero bello e con una rinfrescata alla produzione sarebbe ancora attualissimo, che a me probabilmente non piace Bon Jovi ma Desmond Child, che quelle chitarre sembravano durissime e cattivissime e oggi i Modà utilizzano suoni molto più aggressivi, che l'assolo è nella sua semplicità e tamarraggine da manuale, che sono diventato vecchio e iperanalitico nell'ascolto e che forse dovrei ricominciare a godermi il "casino" senza pensarci troppo.



Per concludere la storia: avvenuto il satanico contagio nel giro di due anni le cose precipitarono, l'anno successivo comprai "Seventh Son of a Seventh Son", misi le borchie sullo zainetto Invicta e alla fine della terza media tanto stressai i miei genitori che mi regalarono una Squier nera con un Humbucker al ponte.

mercoledì, maggio 11, 2011

I am tired, I am weary. I could sleep for a thousand years.
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