lunedì, giugno 07, 2010

Continua l'autoantologia, sempre da Ciclistica, la bici è poi diventata quella fotografata qui, e poi altro ancora...

Tutto è iniziato quando mio fratello ha trovato il telaio in un cassone per il recupero dei rottami metallici; l'ha riverniciato parzialmente e dopo un iniziale entusiasmo è rimasto in garage per anni su di un cavalletto, finche me l'ha regalato: "tu che sei appassionato di rottami portatelo via che non ne posso piu' di vederlo". Dopo varie traversie (tripla con ruota libera a 6, doppia con cassetta a 7, singola con cassetta a 8) e' diventata single con prospettive di fissaggio. Il telaio e' un Cinelli di alluminio Easton Elite troppo oversize (problema uno: cannotto della sella da 31 pagato a peso d'oro) con movimento centrale incollato tipo Gary Fisher (problema due: linea di catena vincolata) e forcellini verticali (terzo problema, inutile che spieghi il perche'); le pedivelle sono delle Sugino microdrive da 175 che ho preso da Mauro all'inaugurazione della ciclofficina della Stecca, la corona e una Suntour xc da 42, ruote Vuelta medio profilo con raggi aero un po' buffoni e mozzi Deore comprate in offerta specialissima, attacco per aheadset con mix di adattatori per la forcella tradizionale, antico manubrio 3T "superleggero", leve freno Exage, freno ant. Cantilever Deore LX trovati nuovi in un cassone di fondi di magazzino, freno post. orrendi cantilever pietosamente carteggiati per togliere almeno le bave piu' evidenti dotati di pattini rossi morbidi, sella Italia Xo trovata ad un terzo del prezzo in un negozio di fighetti perche' aveva il telaietto leggermente segnato, gomme slick da 1.20"; l'opera ha richiesto l'abuso di frenafiletti, similoro, spessori ricavati da vecchie cassette pignoni e rottamaglia varia.
Rigida ma comoda, di misura casualmente perfetta, frena bene malgrado il poco ortodosso abbinamento di leve da corsa e canti medio profilo, la piega da corsa con l'attacco corto e rialzato permette una presa alta molto piu' turistica di quella del manubrio originale ed una bassa molto piu' aerodinamica, il 42x13 e' oggettivamente utilizzabile solo in pianura, ma con la stessa lunghezza di carro posteriore dovrei riuscire a montare anche un 44x15 o un 46x17 (se qualcuno ha in giro una corona 44 o 46 microdrive 5 fori- girobulloni 94 faccia un fischio).
Adesso che e' single e' finalmente silenziosa e sensibilmente piu' efficiente, e mi stupisco di tirare un rapporto che prima usavo solo in discesa, mi sono divertito a montarla, mi diverto ad usarla ed attira l'attenzione di ciclisti e non ciclisti.

Un po' per tirare le somme, un po' per pigrizia, sicuramente per vanità, ho deciso di ripubblicare qui un po' di cose vecchie attualmente sparse in altri luoghi, man mano che mi vengono in mente.

Inizio con un'articolo proveniente da Ciclistica (Ottobre 2006), la seconda foto è recente e rappresenta la bici com è attualmente.


Andrea Riot ha scritto a Ciclistica: Qualcuno l'ha vista a Velocity 09, e' pronta da un po' di tempo, adesso e' abbastanza definitiva ed ho deciso di fotografarla. Il telaio e', penso, di meta' anni 70, ovviamente in acciaio, molto ben saldato, con forcellini Campagnolo e congiunzioni alleggerite; la battuta del mozzo e' 120mm, per cui non ho avuto problemi per montare le belle ruote Gran Compe da pista (grazie Menthos); raffinata modifica con un "inertial impact alignment tool", citando Sheldon Brown, ossia un martello, per poter montare la corona da 52 all'interno, riparazione con piastrine di alluminio ed epossidica bicomponente ad una crepina che partiva dal taglio per serrare il cannotto della sella e una passata di paglietta e spazzolino da denti per tirare fuori il colore originale sotto lo sporco. Pedivelle, movimento centrale, freno anteriore e serie sterzo sono originali (Campagnolo Nuovo Record), cannotto sella Decathlon accorciato (per illudersi che risparmiare 50 grammi serva ad andare piu' forte), spazzolato e fresato giusto perche' avevo un attrezzo nuovo da provare, pipetta Cinelli Alter comprata nuova anni fa a 10 euro perche' non la voleva nessuno, manubrio da citybike accorciato e ruotato indietro, nastro per racchette da tennis al posto delle manopole e leva del freno Shimano per flat bar, sella "prestata" dalla mia povera bici da corsa; sella e attacco sono blu per puro caso, gomme e manopole sono gialle perche' togliendo la cropa e' venuto fuori che le finestrature delle congiunzioni erano appunto dipinte di giallo; tanto, essendo io notoriamente daltonico, nessuno ha mai il coraggio di criticarmi riguardo le scelte cromatiche.

L' adesivo "Fausto Coppi" sulla canna non e' originale, ed e' li' non solo in onore del grande campione, e non solo perche' e' in un bel corsivo, ma soprattutto perche' racconta la storia di questa bici, che iniza, idealmente, una ventina di anni fa: tredicenne promisi di non rompere con il motorino e di non chiedere altri regali per svariati compleanni e natali, pur di farmi comprare una stupenda mountain bike Fausto Coppi, telaio e forcella in acciaio saldati tig, rigida, le ammortizzate non esistevano, montata 500lx, roba fina, appena sotto il Deore, con i comandi del cambio Rapid Fire, un mezzo veramente da signori, che per i tempi sembrava fosse costruita con tecnologie aerospaziali; dopo un lustro e una serie di modifiche che per le mie tasche di allora erano state mostruosamente costose (pure i cerchi ambrosio a doppia parete...), mi feci convincere a prestare la mia preziosa cavalcatura a quel teppista di mio fratello, diventato anch'esso tredicenne nel frattempo, che riusci' a farsela rubare nel giro di poche ore.

Il fratellino la vigilia di Natale, qualche mese dopo, si muove in maniera sospetta, allontana il resto della famiglia e nasconde dietro una tenda qualcosa di ingombrante: era una bici da corsa, verde oro, montata Campagnolo Nuovo Record, che il ciclista De Lorenzo di Monza, che aveva l'officina dietro casa nostra, gli aveva dato in cambio di pochi soldi purche' stesse a bottega dopo la scuola ed imparasse a ripararla con le proprie mani, il tutto all'insaputa anche dei miei.

L'adesivo Fausto Coppi era stato aggiunto in segno di continuita' con la bici precedente, ed e' rimasto a raccontare una storia privata che ancora oggi mi commuove, e a ricordare un' epoca non troppo lontana in cui le botteghe dei ciclisti non erano boutique ma officine, ed i meccanici che ci lavoravano, per quanto rinomati, avevano tempo e voglia di dar retta ad un ragazzino, ed il desiderio di trasferigli un po' di mestiere.

Le bici vivono molto a lungo, ed invecchiano meglio di qualsiasi mezzo a motore; bastano una settantina di raggi ed un pugno di sfere ben ingrassate per farle tornare giovani, ed a volte, quando riusciamo a rubare un po' di tempo alla vita per rimanere soli, noi e loro, ci capita di restare in silenzio, con uno smagliacatena in mano, ad ascoltare le storie grandi e piccole che ci raccontano quelle due ruote appese ad otto tubi.
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